Aiutato dal burlesco spirito giornalistico che ormai mi pervade e da un appuntamento lavorativo in loco, ho avuto la possibilità di visitare uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana: la Ducati di Borgo Panigale. Varcare la soglia della catena di montaggio di una famosissima casa motociclistica, trovandosi circondato dai laboriosi operai in maglietta rossa, è stato un po’ come entrare dentro alla fabbrica dei sogni. Il primo impatto è stato proprio questo qui, seguito dallo stupore nell’osservare la pulizia ed il silenzio con cui vengono svolte tutte le fasi di assemblaggio dei mezzi, oggetto dei desideri di molte migliaia di motociclisti sparsi in tutto il mondo.

La fabbrica conta circa un migliaio di dipendenti, divisi in dirigenti, impiegati, operai, tester e naturalmente coloro che sfuggono agli sguardi indiscreti, cioè i membri del reparto corse. Cosa venga fatto all’interno dell’area “off limits” è sconosciuto anche agli stessi lavoratori Ducati. Giornalmente vengono prodotte circa 200 moto e tutte già ordinate da privati o concessionari sparsi nel globo. Pertanto, a Borgo Panigale, non fanno assolutamente magazzino se non di quei mezzi che ritornano con qualche grave difetto (la percentuale di ritorni non è dato sapere) e che sono in attesa di essere disassemblati.
I reparti si susseguono uno dietro l’altro, identificati da un cartellone con il marchio della casa in bella mostra e la specifica competenza immediatamente sotto. Tutta la componentistica proviene da ditte esterne (ed al top, come Marchesini, Showa, Brembo, KTM) ed in loco si limitano alla sola rifinitura ed all’assemblaggio, partendo dal motore per finire alla carenatura, passando dalla ciclistica. L’osservazione delle varie fasi è molto interessante e da l’idea della forte componente artigianale ancora conservata da questa casa. Essendo l’unico stabilimento esistente, si trovano in fase di assemblaggio tutte le tipologie di modelli presenti a listino ed anche alcuni modelli ormai non più ufficialmente in fabbricazione (vedi 1098 o Desmosedici RR) perché magari richiesti con particolari configurazioni o caratteristiche tecniche (o forse perché - in confidenza - risulterebbero mezzi ritornati con qualche difetto). Il Monster la fa indubbiamente da padrone in quanto a numeri, ma ci sono anche moltissime GT in fase di ultimazione, modello che va per la maggiore nei mercati traino di oltre oceano. Infatti il maggior fatturato della casa di Borgo Panigale proviene daglli Stati Uniti, dall’Australia e dal Giappone... Curiosa coincidenza con le nazionalità dei quattro piloti ufficiali MotoGp ed SBK (includendo il paese di origine della casa).


La cura dei particolari sembra veramente maniacale, come il trattamento dei mezzi in uscita dalla catena: vengono testati uno ad uno e non semplicemnte facendo delle prove a campione come nelle grandi case nipponiche: prima il motore da solo e poi il bolide finito. Inoltre, come se non bastasse, il motore nasce con una particolare carta di identità sulla quale sono stati segnati anche i dati di colui che lo ha completamente assemblato. In caso di errori, il responsabile viene immediatamente “crocifisso in sala mensa”. Pertanto, teoricamente, ogni mezzo che esce dalla Ducati dovrebbe essere perfettamente funzionate e ben rodato. Purtroppo, come anticipato, alcuni modelli rientrano per difetti riscontrati dall’acquirente al momento della percorrenza dei primi km ed in tal caso, in presenza di problemi gravi, vegono sostituiti.
La sensazione di trovarsi in un luogo di lavoro dove il senso di appartenenza è molto forte è quasi tangibile. Già all’arrivo campeggia un immenso cartellone con su scritto “Grazie Troy” e la sua foto in piega. Anche le macchinete per il caffè o le bibite hanno stampigliato il logo Ducati con tanto di foto di piloti in piega o in candela. Si ha la certezza che si cerchi di fomentare questo sentimento quando, a sinistra dell’ingresso principale, si trova il parcheggio riservato alle moto dei dipendenti che “devono essere esclusivamente Ducati”. Chi possiede scooter o banali moto nipponiche, può lasciare comodamente il mezzo a due ruote fuori dalla recinzione, per strada, nella via principale ed al pubblico ludibrio.
Inutile dire che si trovano parcheggiati praticamente tutti i modelli, anche in versioni particolari, uno di fianco a l’altro e tutti tenuti maniacalmente (tanto da sembrare un esposizione di concessionario piuttosto che il parcheggio dei dipendenti). Chi lavora in Ducati ha diritto ad un 30% di sconto sull’acquisto del nuovo e sembra che la maggior parte di loro non si lasci sfuggire questa occasione. Infatti è palese che molti percepiscano lo stipendio solamente per girarlo nuovamente al proprio datore di lavoro, visto che non si contano le Streetfighter o le 1198 - ferri da oltre 15.000 euro - parcheggiati in bella mostra. La passione non ha prezzo!


Sempre all’interno della fabbrica, si trova l’interessantissimo Museo Ducati, dove sono esposte le leggendarie moto che hanno fatto la storia della casa e del motociclismo sportivo. All’ingresso della hole si trovano subito quatro mezzi che stanno facendo la gioia degli appassionati ducatisti e cioè: Hypermotard, Desmosedici RR, 1198 e Multistrada. Sulla destra si trova il negozietto del merchandising del marchio che (un sentito consiglio) conviene tatticamente ignorare per gli stratosferici prezzi. Lasciandosi alle spalle la hole e varcando la porta a vetri, inizia l’esposizione vera e propria e la sensazione di entrare in un tempio, anche se pagano, è molto forte.

A partire dal “Cucciolo”, un kit per montare un motore sulla propria bicicletta, si passa in rassegna tutti i modelli di moto sportive costruite dalla casa di Borgo Panigale, fino ad arrivare alla splendida 1098 di Bayliss. Fa impressione vedere, in pochi metri, l’evoluzione di decenni di progettazione e realizzazione di questa fabbrica italiana. Affascina il “Siluro”, una moto di 100cc. degli anni ’50, nata per battere i record di velocità della classe 250, che stabilì il primato con una velocità media sul giro di ben 170 km/h. Emoziona la mitica 250 di Sir. Mike “the Bike” Hailwood, nel classico colore grigio con il numero 24 in carena. Sempre grigia ed altrettanto affascinante è la favolosa 750 Imola di Paul Smart, con il caratteristico numero 16 stampigliato frontalmente e lateralmente. Tutte moto che nel museo meritano uno spazio esclusivo dedicato a loro, proprio perché più di altre hanno contribuito alla creazione del mito.




Lungo il muro della sala principale dalla forma circolare, si alternano mezzi che hanno combattuto sull’asfalto delle piste ai comandi di celebri eroi di questo sport, che avvicinandosi ai nostri giorni portano il nome di Raymond Roche, Doug Polen, “King” Carl Fogarty, Troy Corser, John Kocinski, Troy Bayliss e naturalmente Loris Capirossi e Casey Stoner. Alle Desmosedici dei due piloti di MotoGp è dedicata una stanza intera, dove le moto si trovano affiancate come fossero in una prima fila di gran premio e sono protese con i lucidissimi musetti verso l’immensa bacheca di vetro nella quale fanno bella mostra tutti i trofei conquistati dalla italianissima Ducati.






Rimane poco da aggiungre se non che un appassionato di motori e particolarmente di moto, non può lasciarsi sfuggire l’occasione del pellegrinaggio a Borgo Panigale, per godere della vista di tali gioielli di meccanica ormai assurti a monumenti di quella passione che brucia dentro a molti di noi. Però attenti: potreste uscire con una voglia incontrollabile di abbandonare il vostro comodo e meno costoso quattro cilindri giapponese.